La carne
Le carni alimentari sono costituite dai muscoli e dai visceri degli animali (bovini, ovini, equini, conigli, pollame, ecc…) ed è caratterizzata da un contenuto in proteine (14-22% a seconda del taglio e del tipo di animale) ad elevato valore biologico in quanto contiene tutti gli amminoacidi essenziali. I minerali sono principalmente rappresentati da sodio, fosforo, potassio, zolfo e ferro, la cui biodisponibilità è estremamente elevata ed aumenta se sulla carne viene aggiunta la vitamina C del limone. Il contenuto in vitamine è molto ricco, vitamina B1, B2, PP, B6, B12, A e D. In una dieta vegana, priva quindi di alimenti di origine animale, anche se ben equilibrata, l’unico scompenso sul lungo periodo è nell’assenza di vitamina B12.
Attenzione quindi alle donne vegane in gravidanza o in allattamento perché è assolutamente necessaria l’integrazione con vitamina B12!
Il valore nutritivo delle differenti carni dipende dal loro contenuto in grassi, in proteine e in amminoacidi essenziali. Ad esempio la carne bovina contiene maggiormente amminoacidi essenziali come leucina, valina e lisina rispetto alla carne ovina e suina. La carne di maiale è di facile digeribilità, non affatica i reni e utile per ripristinare squilibri glicemici. La carne di tacchino ricca in proteine come la carne di pollo, è però maggiormente consigliata rispetto a quest’ultima nelle diete dei bambini e dei pazienti allergici per la minore possibilità che questi animali siano sottoposti ad allevamenti intensivi con antibiotici, integratori ed anabolizzanti.
Il contenuto in minerali varia a seconda del taglio della carne, ad esempio nella carne bovina il ferro è maggiormente presente nel filetto piuttosto che nella fesa, ma anche ovviamente del tipo di animale. La carne di cavallo, infatti, con elevata quantità di glicogeno e quindi poco adatta nella dieta del paziente diabetico, ha un basso contenuto in sodio ed è ricca in ferro, quindi molto utile nel trattamento dei pazienti con anemia sideropenica.
La tenerezza della carne dipende dal minore quantità di tessuto connettivo e dalla maggiore quantità di grasso. Molto importante è anche il metodo di cottura! La cottura eccessiva può rendere la carne di lenta digestione gastrica per il lungo tempo di permanenza nello stomaco. Per facilitarne la digeribilità potrebbe risultare utile la precedente marinatura con del succo di limone in modo da irritare il meno possibile la parete gastrica.
Attenzione alla cottura alla brace non a legna ma su carbon coke perché si liberano idrocarburi cancerogeni! La cottura a vapore, sia delle carni che delle verdure, conserva maggiormente i principi nutrizionali degli alimenti, quindi è molto utile nell’alimentazione dei bambini e non è invece da consigliare nei pazienti con deficit della funzionalità renale. In questi casi meglio preferire come modalità di cottura la bollitura che causa la dispersione dei minerali e dei componenti idrosolubili. Non è invece da consigliare per chi ha problemi gastrici e di reflusso grastroesofageo perché gli alimenti, imbibiti dell’acqua di cottura, possono risultare di più difficile digestione.
In linea generale la carne sarebbe preferibile consumarla durante il pasto del pranzo in quanto impegna maggiormente i processi digestivi mentre i carboidrati come pane, pasta, riso, hanno un buon effetto sedativo grazie al contenuto in triptofano, precursore della serotonina. Inoltre durante la notte avvengono i processi di detossificazione da parte del rene, al quale si evita così di accumulare le scorie azotate della carne, e da parte del fegato, il quale per svolgere il suo lavoro ha necessariamente bisogno degli zuccheri.
Per facilitare il lavoro dei reni può spesso essere utile abbinare alla carne, ma anche al pesce, una verdura cruda diuretica come il finocchio, il radicchio, la scarola, le puntarelle, il tarassaco, l’indivia belga e riccia.
Il pesce
Il pesce, come la carne, è un alimento plastico ricco di proteine ad elevato valore biologico mentre la quantità di grassi è molto variabile a seconda delle specie: elevata nelle anguille (20%), circa il 10% nel tonno, nel salmone e nello sgombro, e variabile tra il 2 e il 6% negli altri pesci. I grassi del pesce hanno il pregio di essere ricchi di acidi grassi polinsaturi, soprattutto della serie omega 3 (acido linolenico e i derivati acido eicosapentaenoico, EPA, e acido docosaesaenoico, DHA). Questi acidi grassi, che rimangono liquidi anche alle basse temperature, e quindi rendono fluide le membrane cellulari dei pesci, hanno effetti importanti sulla riduzione dei livelli plasmatici di colesterolo, lipoproteine, trigliceridi e sulla produzione da parte delle piastrine di sostanze aggreganti come il trombossano A2. Per questo il pesce è un alimento amico del sistema cardiovascolare.
Attenzione, gli omega 3 derivano dal fitoplancton di cui si nutrono i pesci, cosa che non fanno i pesci di allevamento, i quali ne sono quindi privi!
Per quanto riguarda il contenuto in vitamine, i pesci sono ricchi di vitamine liposolubili A, D, E e K (maggiormente presenti nelle specie più grasse) e di vitamine idrosolubili del gruppo B, tra cui importantissime soprattutto in condizioni di anemia, in gravidanza e allattamento, l’acido folico o vitamina B9 e la cianocobalamina o vitamina B12.
Il pesce e i frutti di mare contengono notevoli quantità di sali minerali come il calcio, il fosforo, rame, ferro, zinco (soprattutto il pesce azzurro come le aringhe, le sardine, le acciughe, lo sgombro, e le ostriche). Sono inoltre una fonte importantissima per la dieta di iodio, che ha una funzione stimolante l’attività della ghiandola tiroidea.
Nelle diete dimagranti, quindi, è bene aumentare il consumo settimanale del pesce per la sua importante funzione di attivazione del metabolismo con conseguente riduzione del peso corporeo!
Per quanto riguarda le modalità di cottura la perdita dei valori nutritivi e dei sali minerali è massima con la bollitura, minore con la cottura arrosto e trascurabile con la frittura. La lessatura del pesce, sia fresco che congelato, va fatta in acqua i cui è stato aggiunto il sale che riduce la solubilità dei nutrienti solubili. Si consiglia l’aggiunta anche di sostanze acidificanti come aceto, limone, vino bianco, che favoriscono la coagulazione delle proteine e ne diminuiscono così le perdite.
L’uovo
L’uovo è una cellula totipotente, un alimento eccezionale, provvisto di un equilibrio perfetto da un punto di vista nutrizionale, non mette in difficoltà gli organi emuntoriali fegato e rene, è ricco di ferro, vitamina D, carotenoidi quindi assolutamente da consigliare negli organismi in crescita, in gravidanza e allattamento, negli sportivi e anche nei pazienti con patologie oncologiche. Il ferro infatti migliora i livelli di emoglobina ridotti dalla chemioterapia, la colesterina permetterà di aumentare i livelli ematici di colesterolo da cui dipendono la produzione di ormoni e delle sostanze implicate nell’attività del sistema immunitario.
Per quanto riguarda le modalità di cottura, l’uovo alla coque e l’uovo in camicia risultano facilmente digeribili e quindi molto adatti a chi soffre di disturbi gastrici. Al contrario la frittata, causando una marcata denaturazione delle proteine e saturazione dei grassi, risulta di più difficile digeribilità. Non adatto poi nelle difficoltà epatiche e della colecisti è l’uovo sodo, che, immerso in acqua, è sottoposto per lungo tempo a temperature che superano i 120°C. Per impedire la formazione dei solfuri estremamente tossici per il fegato, facilmente identificabili in quell’alone verdastro che rimane attorno al tuorlo appena al di sotto del guscio, è utile tenere il fuoco basso durante la cottura in modo da non superare la temperatura di 100°C e per tempi limitati (circa 8 minuti). A livello terapeutico, l’uovo sodo, per il suo contenuto in ferro, iodio e zolfo, può risultare vantaggioso per stimolare il metabolismo della tiroide e quindi utile nei pazienti ipotiroidei.